lunedì 26 settembre 2011

Temporale, donna incinta e paturnie

In questa sera buia e tempestosa, il Papà è partito per lavoro e tornerà, salvo intoppi, dopodomani.
a casa rimane una gravida di 17 settimane ansiosa e vagamente isterica, insieme al quasi diciannovemesenne figlio ipercinetico.ate piove. e tuona. e stasera ho ritirato le analisi e le ho portate senza nemmeno aprirle alla ginecologa, e ora spero di non ricevere telefonate da parte sua perchè significherebbe che qualcosa è fuori posto, e io da quando ho fatto il prelievo ho passato in rassegna tutte le più disparate e tremende eventualità. perchè sono fatta così, e non c'è niente da fare.

l'ottimista che era in me fino a mezz'ora fa diceva che dai, domani splenderà un po' di sole e farò un sacco di cose con pupone e ci compreremo le scarpe per il matrimonio di domenica e poi sarà sera e poi sarà già tempo che papà ritorni e poi la ginecologa non chiamerà. cucinerò dei pasti che mangerà volentieri e non ci saranno capricci e non torneranno le coliche renali a cogliermi di sorpresa di notte da sola e poi che cavolo sono capace di stare da sola con pupone, l'ho sempre fatto.

però che diamine di temporale proprio adesso, proprio stasera che sono stressata, e che soffro la solitudine in questa città del cavolo che non è mia manco un po' e mi mancano le amiche che chiamerei a raccolta e mia sorella e tutti gli altri e non mi sentirei sola e sarei più tranquilla e non avrei paura che possa succedere una cosa qualunque che sennò sono SOLA e dio mio che faccio.

a volte odio questa vita, questa vita qui, odio la lontananza che mi faceva sentire così forte e indipendente, odio la gente indifferente e incapace di legare, di avvicinarsi.

ma sono qui, almeno per ora, e vado avanti. domani sarà meno pesante, compreremo quelle scarpe, qualcuno ci sorriderà, arriveremo a sera stanchi ma di nuovo forti.

ma sì.

venerdì 16 settembre 2011

"Speriamo che sia femmina"

Una delle frasi che in assoluto mi sono sentita ripetere più spesso, per non dire sempre, da quando io, madre di figlio maschio, aspetto un altro bambino, è quella di cui sopra.
"Speriamo che sia femmina!"
Che fantasia.
Il fatto che, invariabilmente, io abbozzi sorridendo nel perfetto mutismo, suppongo legittimi l'interlocutore di turno a credere che, nel mio segreto, pure io desideri, da brava femmina, una bimba da vestire di rosa "con tutte le cose carine che fanno per le bimbe!", e nessuno, ripeto nessuno, si è mai sognato di chiedermi che sesso preferirei per il mio secondogenito, AMMESSO che io abbia una preferenza.
beh, non ce l'ho.
giuro.

se proprio dovessi esprimerne una, dovrei attingere al bagaglio di razionalità, concentrarmi sulle possibili preferenze di mio figlio e pensare che, per un maschietto di due anni, un fratellino con cui fare a botte e giocare ai mostri sarebbe il massimo. senza contare che, nascendo esattamente nello stesso periodo del primo, il fortunato neonato dei suoi fortunati genitori avrebbe già un intero e pressochè nuovo guardaroba cui attingere.

"Così fanno la coppia"
, sento dirmi con convinzione. "Ma devono forse fidanzarsi tra loro?", vorrei chiedere. ma la risposta la so già, "fanno la coppia" vuol dire che, con maschio e femmina presenti, il quadretto familiare può dirsi completo, tutta la gamma di possibili sfumature del rapporto genitore-figlio è a disposizione, e a nessuno verrà mai in mente di mettere in dubbio l'appagamento dei genitori.
invece, con due o più figli dello stesso sesso, immagino che la domanda "ma come sarebbe stato con un maschio-femmina?" sia destinata ad aleggiare per sempre sulla famiglia, impoverita dal destino della possibilità di scoprire quant'è attaccata la femmina al padre/quant'è attaccato il maschio alla madre. come se il fatto di avere lo stesso sesso imponga ai bambini di replicare alla perfezione il modello dei fratelli maggiori. come se non fosse vero che al mondo non esistono due persone due che siano uguali. come se l'amore dei genitori non andasse necessariamente oltre il colore della tutina.

come nel caso della fatidica frase "ma povero pupone, dovrà fare il fratello maggiore", anche in questo sospiro e passo oltre, paziente, certa che spesso siano i luoghi comuni a far parlare le persone, e non il cervello.

io ieri ho saputo, nel corso di un'entusiasmante ecografia, che nella mia pancia c'è forse un pisellino. ma forse.
a me importava solo di sapere che andava tutto bene. se ho avuto una minuscola fitta di delusione è solo perchè so che il papà, in cuor suo, vorrebbe una bambina, come quasi tutti i papà. ma so anche che, come me, anche per lui il sesso del nascituro conta relativamente.

allora aspettiamo che il fagotto si riveli, quando vorrà, per iniziare a gioire in ogni caso.
riuscirà tutto il mondo, nell'eventualità che la ginecologa ci abbia azzeccato, a superare la terribile delusione di un altro pisello? ^_^

martedì 13 settembre 2011

Prime confessioni da una seconda gravidanza

Oh, giuro che avevo una valanga di cose da scrivere, condividere, riversare su questo povero blog, di ritorno nella dura realtà romana dopo due mesi di trasferta sardo-pugliese.
e ora sono muta. ammutolita.
incinta.
sì, sono incinta, ma non ne sono affatto consapevole. alle ecografie mi stupisco sempre un po', ma che è mio quell'utero abitato, sul monitor?
me ne ricordo raramente, della gravidanza, quando devo reprimere il desiderio di una fetta di salame o quando i pantaloni non mi chiudono. quando mi alzo dal letto un po' troppo lesta e sento quelle scariche di dolore.

allora, la seconda gravidanza.
durante la prima, che lo dico a fare, camminavo a metri da terra. ero una ex debosciata che si godeva i propri mesi di gloria, che accarezzava la pancia con gli occhi socchiusi, che viveva per le ecografie.
ora sono una ex debosciata con un figlio di 18 mesi e incinta.
sono felice, certo che lo sono. ma questo bambino cresce e mi vive dentro senza che io gli dedichi i pensieri e l'energia che merita. c'è pupone, pupone everywhere. sono talmente pazza di mio figlio che non ho testa per altro. e ho una paura folle che questo continui anche dopo la nascita, anche se in fondo sento che non sarà così, che troverò spazio anche per il piccolo.

durante quest'estate ne ho sentite, di scemenze. di critiche perchè avevamo messo in cantiere così presto un altro bambino, di "povero pupone", di "dobbiamo coccolarcelo adesso, perchè poi..." . perchè poi COSA?, dicevo io. avrà un fratellino/sorellina? non sarà più il piccolo di casa? cosa, esattamente? a me sembrava di fargli il regalo più grande che si potesse, pensate un po'. a me sembrava che "salvarlo" dall'essere figlio unico fosse un dono.
mah.

l'unica cosa che riconosco, è la stanchezza. perchè lui ha, in effetti, ancora tanto bisogno di me, di qualcuno. perché ancora non andrà al nido, per una serie di motivi di cui un giorno parlerò.
non vedo via d'uscita, a questo. vedo giorni a venire in cui il pancione sarà sempre più -one e io sempre più goffa e impaziente. e vedo la me stessa peggiore pronta a sbucare fuori dall'angolo in cui l'avevo nascosta.
e vedo tutta la mia vita rimandata più in là, tutte le cose che vorrei fare rinviate di una anno almeno, nella migliore delle ipotesi di qualche mese soltanto. mi vedo in apnea, un po'.

ma sono felice. quando riesco a fermare nella mente il pensiero di questo cuoricino che mi batte dentro, quando penso a quando si muoverà e io lo sentirò e questo filo di comunicazione ci unirà ancora di più, quando immagino di tenere in braccio un fagottino pulsante, quando, soprattutto, supero le mie ansie, le paure per tutto quello che non so e che non posso controllare, allora sì, lo ammetto, sono felice.

siamo a tre mesi e mezzo, e non è vero che la pancia si vede di più la seconda volta, almeno non è vero per me. pancia piccola, seno grande (evvai). aspetto che questa gravidanza si renda visibile all'occhio umano, per godermela, per esibirla. per far fermare le macchine sulle strisce pedonali, per saltare le file al supermercato e alle poste.
per crederci io per prima.

in settimana faremo un'ecografia per vedere che combina l'esserino, per tranquillizzarmi e sentire che va tutto bene, ne ho bisogno.

intanto viviamo, vivo, riprendiamo i contatti con la realtà.
il che, giuro, non è poco.